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«Beyond the reductivism of postmodern reason. From meaningless truth to truth as meaning», in Sacramentaria & Scienze Religiose, 60 (2023), 2, 77-95.
Viviamo in un'epoca in cui ci confrontiamo con il paradosso della ragione ovvero la dicotomia tra una ragione strumentale particolarmente potente e la marginalità della ragione nelle cose che realmente contano nella vita come, ad esempio, il cercare e dare forma alla verità (cf la "post-verità"). In questo modo si è generata una "verità senza ragione" (la verità delle cose trovata nel mondo degli istinti ecc.) e una "ragione senza verità" (come qualcosa di irrilevante per la vita concreta). L'uomo postmoderno ha imparato a vivere senza la ragione. Nella postmodernità tutte le dimensioni non razionali della vita, profondamente censurate nella modernità, si sono fortemente riprese il ruolo precedentemente negato loro da una ragione onnipotente, la sola forma veri in base alla quale ciò che era razionale era vero e significativo nella vita (cf. la lucida analisi di M. Maffesoli dell'istante eterno e del primato della pancia sulla testa). Tuttavia, una ragione prevalentemente strumentale che sia definisce l'età della tecnica o configura il pensiero "calcolante" senza" il "pensiero meditante" (cf. Heidegger), solleva domande sui mezzi ma non sui fini (cf Horkeimer-Adorno); così facendo la ragione rinuncia ad interrogarsi sul senso, ovvero sui fini, poiché una ragione meramente strumentale è interessata a come portare a termine qualcosa non a quale scopo farla. Di qui l'emergere della crisi del senso non solo come negazione che la realtà abbia un senso ma come la proclamazione dell'insignificanza della domanda sul senso. Qui incontriamo una singolare convergenza tra Fides et ratio 81 e le analisi, ad esempio, di U. Galimberti. Riscoprire la ragione nella sua natura e accettare la sfida di seguire la sua grandezza con il realismo di coloro che hanno conosciuto le tragedie di una ragione ideologica, ma anche con la consapevolezza che la soluzione alla crisi epocale che l'Occidente (e il cristianesimo in esso) sta attraversando, non può essere la rinuncia alla ragione. Invece in definitiva significa ridare alla ragione il compito di comprendere la verità come senso. La categoria di "senso" diventa un "preambolo della fede" come suggerito da Benedetto XVI. In questo modo, la ricerca della verità intesa come senso costituisce la possibilità di costruire nuovamente una fruttuosa relazione tra ragione e fede. Allargare la ragione, allora, significa ri-educarla circa la verità come senso, perché senza il senso l'umanità non può più vivere secondo la sua identità e allo stesso tempo la fede diventa insignificante e inutile nella vita.
«Ritrovare la ragione per riscoprire la fede. Il lascito di Benedetto XVI nell'orizzonte del Discorso di Ratisbona», in Prospettiva Persona 1/2023, n. 119, pp. 177-198.
La lectio magistralis di Ratisbona costituisce uno dei testi più provocatori e indicativi della lettura di Benedetto XVI della contemporaneità e del suo tentativo di andare oltre i fenomeni alla radice delle ragioni che li originano. Come ha ripetuto nel discorso che avrebbe tenuto all'università La Sapienza, il rapporto tra fede e ragione è simile a quello tra divinità e umanità in Gesù Cristo: nessuna separazione e nessuna confusione, due realtà in cui l'una implica l'altra e viceversa. Il testo ripercorre le affermazioni centrali del discorso di Ratisbona e riflette sulle analisi di Benedetto XVI circa i termini e le ragioni della crisi paradossale della ragione nella postmodernità e l'urgente invito ad allargare gli orizzonti della razionalità per superare il riduttivismo della ragione strumentale e ritrovare la ragione nel suo statuto originario di ricerca della verità declinata come senso, dal che dipende la dicibilità della fede cristiana nella contemporaneità occidentale.
M. Lutero, "Il nostro più grande tesoro". Scritti sul sacramento dell'altare, a cura di Antonio Sabetta, prefazione di F. Ferrario, postfazione di G. Lorizio, Studium, Roma 2023, 328pp
Il sacramento dell'altare è stato costantemente al centro della riflessione di Lutero tanto da diventare il tema a cui ha dedicato più scritti. In un primo momento Lutero è impegnato in una profonda polemica con gli abusi a cui la chiesa cattolica aveva sottoposto il sacramento. Con l'emergere dell'ala più radicale della Riforma (in particolare Zwingli e Ecolampadio) - che sosteneva un'interpretazione simbolica delle parole dell'istituzione e negava che il corpo e il sangue di Cristo fossero fisicamente presenti nel sacramento - Lutero metterà sempre più a tema il realismo della presenza del corpo e sangue di Cristo in forma fisica nel sacramento, la negazione della quale compromette non solo il senso della Cena ma dell'intero evangelo. I testi qui raccolti, tutti inediti in italiano, aiutano a capire la progressiva messa a fuoco del carattere corporeo della presenza di Cristo soprattutto a motivo dello scontro insanabile con coloro che Lutero chiama fanatici, che darà vita ad una frattura nel mondo della Riforma durata molto a lungo. Il volume raccoglie i seguenti testi: Sul ricevere il sacramento sotto entrambe le specie (1522), Sull'adorazione del sacramento (1523); Sermone sul sacramento del corpo e del sangue di Cristo contro lo spirito fanatico (1526), Le parole di Cristo "questo è il mio corpo ... ecc. " restano ancora salde contro i fanatici (1527); Breve confessione sul Santo Sacramento (1544).
recensito su Avvenire del 14-03-2023, p. 23; da S. Caleffi su L'Osservatore Romano del 17 aprile 2023, p. 9; da P. Ricca su riforma.it il 4 aprile 2023: da M. Colavita su L'Amico del Clero, 95/2023, p. 331; da E. Scognamiglio su centrostudifrancescani.it.; da D. Segna su Il Regno-attualità 20/2023, p. 653; da I. Macut in Služba Božja 63 (2023),2, pp. 201-206.
"Il realismo sacramentale di Lutero. Significato e importanza", in D. Kampen - L.J. Zak (a cura di), Lutero e la Santa Cena. Storia, ontologia e attualità, Claudiana, Torino 2022, 47-74
Il contributo ripercorre la difesa di Lutero della presenza corporale del corpo e sangue di Cristo nel pane e nel vino consacrati evidenziando la decisività di questo aspetto in ordine all'intera Fede e Parola di Dio e precisando l'orizzonte cristologico che rimane l'orizzonte ultimo di comprensione del realismo eucaristico di Lutero e che lo differenzia da Zwingli e dagli altri riformatori
"Realismo eucaristico e libertà del cristiano. Il Trattato Sull'adorazione del Sacramento del Santo Corpo di Cristo (1523) di M. Lutero", in Archivio Teologico Torinese 2/2022, pp. 393-414
L'articolo si focalizza sull'analisi del trattato del 1523 Sull'adorazione del sacramento del santo corpo di Cristo che Lutero indirizza ai Fratelli Boemi soprattutto per difendere il carattere fisico della presenza del corpo di Cristo nel sacramento. Nel testo, per la prima volta, Lutero contesta l'interpretazione simbolica di C. Hoen, questione che diventerà poi centrale nella polemica con gli entusiasti, e ci offre altri elementi centrali della sua posizione: il rifiuto dell'interpretazione in senso metaforico delle parole dell'istituzione e il criterio ermeneutico di attenersi al significato letterale della Scrittura, a meno che altri articoli di fede non costringano a fare diversamente. Quanto all'adorazione, Lutero ribadisce che tutto ciò che non è comandato da Dio rimane libero